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L'ALBA DEL GIORNO DOPO.

RECENSIONE DELL'ARTISTA GABRIELE PAOLINI.






L’alba del giorno dopo


Cosa aspettarsi dal nuovo film di Roland Emmerich? Dopo lo straordinario successo di Independence Day e i risultati mediocri di Godzilla e Il patriota, sembrava naturale tornare ad un film catastrofico. Era quindi lecito attendersi un film sulla scia dei vari Armaggeddon, Deep Impact e The Core. Pellicole in cui si scopre un problema-che-rischia-di-distruggere-il-mondo, ma nelle quali per fortuna una squadra di eroi è pronta a sacrificarsi e morire in un disperato piano perché questo non avvenga. E in cui di solito la preparazione del piano è decisamente più interessante della risoluzione vera e propria (molto fracassona e spesso risibile).

Ora, L’alba del giorno dopo, per quanto strano possa sembrare, non c’entra nulla con tutto questo. Sebbene le premesse scientifiche siano discutibili e i tempi decisamente contingentati (è ovvio che un cambiamento climatico del genere non avviene in pochi giorni, ma in un film l’unità temporale è fondamentale e permette certe licenze poetiche), i realizzatori non propongono qualche facile escamotage per risolvere la situazione. Piuttosto, mettono in scena una serie di personaggi molto approfonditi (non benissimo, peraltro, ma lo sforzo c’è e per un film del genere è già molto), che si ritrovano non tanto a dover sconfiggere la natura, ma a dover sopravvivere ad essa, come se, invece di essere nel 21esimo secolo, il film fosse stato realizzato nei meravigliosi anni settanta. Insomma, niente facile catastrofismo, qui siamo più dalle parti di certi romanzi di James Ballard come Vento dal nulla o Deserto d’acqua. Ed è probabile che il finale lasci delusi molti spettatori, che avrebbero magari preferito una soluzione più esplosiva.

Certo, non si può dire che manchi lo spettacolo. Se questa volta la Casa Bianca rimane in piedi, quello che avviene a Los Angeles e New York lascia decisamente stupefatti. Merito anche degli ottimi effetti speciali della Industrial, Light and Magic, che, quando riesce a lavorare con scadenze accettabili, dimostra di essere ancora leader del settore, magari anche grazie ad una regia che utilizza il digitale con molta intelligenza e senza esibizionismi inutili.
Peccato che parte della maturità dimostrata in certe situazioni si perda completamente in altre. Basti vedere il pericolo incredibile in cui si ritrova la giovane Emmy Rossum, che è così distratta da non rendersi conto che un’enorme onda sta per sommergerla. O il fatto che lo scienziato protagonista, l’unico che sembra capire quello che sta succedendo, venga lasciato partire senza obiezioni dagli alti gradi dell’esercito.

E il notevole cast (che vede la presenza di Dennis Quaid e dell’astro nascente Jake Gyllenhaal) non sembra totalmente in parte, come se l’impegno in riprese così faticose e la situazione improbabile della storia non li mettesse completamente a loro agio.
Inutile dire che il messaggio del film verrà molto discusso, magari come una risposta politica all’attuale amministrazione americana. In realtà, questi discorsi sono quasi sempre sbagliati in partenza, perché non tengono conto del tempo trascorso (in questo caso quasi tre anni) tra l’avvio di un progetto e la sua uscita nelle sale, che non permette certo di realizzare istant-movie che commentino l’attualità.
E poi, siamo di fronte al solito buonismo di Emmerich. Se in Independence Day palestinesi ed israeliani dimenticavano in un amen decenni di guerra terribile, qui i popoli occidentali si rendono conto improvvisamente di quanto abbiano bisogno del terzo mondo. Lettura ovviamente superficiale, ma che almeno regala la scena migliore del film, quando americani e messicani si ritrovano a ruoli scambiati.

Insomma, nulla di eccezionale, L’alba del giorno dopo è semplicemente un film sufficiente. Ma di questi tempi, non è poco…









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Pubblicato su: 2004-05-26 (2193 letture)

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