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RECENSIONE DEL FILM MINE VAGANTI DEL REGISTA FERZAN OZPETEK (ISTANBUL, 3 FEBBRAIO 1959), A CURA DI GABRIELE PAOLINI, L’ARLECCHINO DELLA TV.







Tommaso, dopo aver costruito una vita a Roma, lontano da casa e vicino al suo sogno di diventare scrittore, torna a Lecce perchè il padre, un importante imprenditore nel campo della pasta, ha deciso di dividere le quote aziendali tra i due figli. Tommaso, in realtà, non è laureato in economia e commercio come pensano i genitori, ma in lettere e di politica aziendale conosce e vuole conoscere poco. Inoltre quella relativa ai suoi studi non è l'unica menzogna raccontata alla famiglia, perchè Tommaso è omosessuale ed ha intenzione di rivelare la verità nel peggiore dei modi, nel corso di un pranzo con il socio del padre, provocando la reazione dei genitori, facendosi cacciare e chiudendo definitivamente i rapporti con loro e l'azienda di famiglia. I piani di Tommaso, però, non vanno come previsto: la confessione non solo non viene messa in pratica, ma anticipata dal fratello Antonio che rivela lo stesso scandaloso segreto di Tommaso, che a sua volta resta bloccato a Lecce in seguito ad un malore del padre, per evitare di dargli il colpo di grazie ed occuparsi degli affari insieme alla figlia del socio, Alba.

Il tema dell'omosessualità, della sua accettazione in un luogo del sud come la Lecce che fa da sfondo alla storia, è centrale, ma non è l'unico che il regista, co-autore dello script con Ivan Cotroneo, mette in campo, focalizzando l'attenzione sulla necessità di manifestare la propria vera natura e di trovare il coraggio ed il momento giusto per lasciare le situazioni che ci rendono infelici. L'accettazione delle diversità comporta parallelamente la necessità di manifestare il proprio io interiore, di portare avanti il proprio modo di essere e vivere ed avere il coraggio di lasciare le situazioni che non ci soddisfano quando siamo ancora in tempo. La figura di Tommaso, e l'interpretazione misurata che ne fa Scamarcio, è centrale per portare avanti i temi del film, fungendo da raccordo tra le storie dei vari personaggi, mentre la storia della nonna, interpretata da Ilaria Occhini, fa da cornice al film, riflettendo sul presente della famiglia Cantone le decisioni del passato. Il tono, dicevamo, si mantiene leggero, avvicinandosi alla commedia all'italiana e scivolando solo sporadicamente nella battuta di basso livello, sfruttando piuttosto l'alchimia tra gli interpreti, gestendo i loro tempi recitativi, per dare vivacità e ritmo al film. Si tratta forse di un Ozpetek con meno velleità d'autore rispetto agli ultimi lavori, ma che sembra aver trovato un equilibrio tra i suoi temi ed il suo stile.

Se c'è una caratteristica del cinema italiano contemporaneo, è l'ossessione per il ritorno a casa. Sono tanti infatti i registi che avvertono il bisogno di ricordare la terra d'origine in ogni modo, rappresentandone gioie e dolori. C'è chi, come Sergio Rubini, lo fa in modo spasmodico, praticamente in ogni sua pellicola, altri come il Virzì de La prima cosa bella si sono cimentati con l'argomento recentemente. Senza dimenticare Gabriele Muccino, che lo ha fatto in maniera extracinematografica tornando alla 'casa' che lo ha fatto conoscere con Baciami ancora. Mine vaganti è il ritorno di Ferzan Ozpetek dopo il fallimento di Un giorno perfetto, pellicola andata male al botteghino ma anche poco apprezzata al Lido, tanto da uscirne a mani vuote in quanto a premi ufficiali. Così, come fanno tutti i i registi intelligenti, si corre ai ripari e si gioca più sul sicuro, un po' come avvenuto per Saturno contro dopo la debacle di Cuore sacro. In questo senso, la comunità gay è la croce rossa per questo regista (e non è un caso che nei suoi due titoli andati male non avesse nessun ruolo), l'elemento che lo caratterizza maggiormente per il grande pubblico.

Rispetto ai film di maggiore successo di Ozpetek (Le fate ignoranti e La finestra di fronte), in “Mine Vaganti” manca una figura di donna forte, considerando che i ruoli femminili sono un contorno a questi personaggi maschili. Per fortuna che c'è Nicole Grimaudo, la nostra Natalie Portman (ma lei è molto più sexy della Portman), che dà vita assieme a Scamarcio ad alcune delle scene migliori del film, compresa la sequenza che cita Tom Jones di Tony Richardson, con dei tramezzini da mangiare e Patty Pravo in sottofondo. 

Ma i momenti migliori sono frutto di un gruppo di fantastici gay che, ritrovatisi nella villa pugliese in cui il protagonista sta soffrendo vittima dei suoi tormenti, devono far finta di essere gay e così generano le maggiori risate della pellicola. E se Ennio Fantastichini è continuamente impegnato a urlare, è ottimo l'apporto di Alessandro Preziosi, che incarna il fratello di Scamarcio.

In conclusione, un film che non mi ha colpito particolarmente. Direi piuttosto deluso...Insomma non lo consiglierei!!!.

GABRIELE PAOLINI, LA’RLECCHINO DELLA TV.









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Pubblicato su: 2010-03-24 (2940 letture)

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