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PROPRIETA’ PRIVATA.

RECENSIONE DELL’ARTISTA GABRIELE PAOLINI.







Raccontarne la storia lo renderebbe comune a tante altri che parlano di famiglie, dei loro contrasti, di quello che le unisce e allo stesso tempo le divide. Ma un film si guarda e l’arte e la tecnica che passano attraverso “le mani” di Joachim Lafosse si impregnano di una materia concreta, misto di forza estetica e personalità analitica. La sua storia parte da una madre divorziata e due figli già da tempo maggiorenni; da una grande casa in cui questo piccolo mondo vive da sempre, che la madre percepisce come una trappola, una prigione dalla quale vorrebbe uscire per poter avere una nuova esistenza e nella quale invece i due figli si sentono gli adolescenti che non sono più da tempo. Tutto pare armonico, ordinario: dalle schermaglie al tavolo della colazione, alle animate discussioni su progetti di cambiamento. Con una lentezza ricca di dettagli il regista belga intesse le intricate relazioni dei personaggi rivelando in un crescendo l'intima e tragica intensità del racconto. ?

La macchina da presa inquadra la scena, si ferma ad osservare senza enfatizzare o condannare le reazioni violente di Thierry, la mitezza del fratello François. E’ la storia di un fallimento, di un divorzio doloroso che sul campo ha lasciato dei feriti che per un po’ hanno creduto di non esserlo. Lafosse dipinge tutti i personaggi con rapide ma fondamentali pennellate: il padre che si atteggia a vittima di una moglie che ha deciso di non volerlo più, assumendosi l’onere di formare una nuova famiglia e di alimentare con pochi spiccioli la necessità infantile dei figli di voler essere ancora una famiglia; questi ultimi che a loro volta chiedono cure e attenzioni come fossero dei bambini pur ribadendo a parole di essere degli uomini; ed infine una madre-ostaggio incapace di ribellarsi veramente al gioco psicologico dei figli se non scappando via.

Un affresco rigoroso e potente di un gruppo di persone d'esasperato individualismo, incapaci di dare spazio agli altri e di rivendicare il proprio all’interno del nucleo famigliare. Non sembra esserci speranza per questi personaggi preoccupati solamente di salvare se stessi senza rendersi conto alla fine che le loro azioni si riveleranno solamente una crudele serie di atti mancati.









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Pubblicato su: 2007-03-25 (87 letture)

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