La causa era stata intentata dalla Rai.
Cassazione condanna il "disturbatore" Paolini.
La Suprema Corte lo ha condannato a pagare un'ammenda di 1000 euro: disturbare i giornalisti tv al lavoro è reato di molestie.
Una foto d'archivio di Gabriele Paolini (Ansa).
ROMA - Chissà se ora sarà costretto a cessare le sue incursioni ai danni dei cronisti televisivi. Le incursioni di Gabriele Paolini nel corso delle dirette televisive disturbano il lavoro dei giornalisti e configurano il reato di molestie. Lo ha confermato la prima sezione penale della Corte di Cassazione (sentenza 8198), dichiarando inammissibile il ricorso dello stesso Paolini contro la condanna a 240 euro di ammenda inflittagli dal Tribunale di Roma che nel febbraio 2005 lo ha ritenuto responsabile di molestia (articolo 660 del codice penale) per una sua "intrusione", di quattro anni fa, durante un collegamento televisivo in diretta da Palazzo Chigi. L'imputato si era posto alle spalle di un giornalista Rai con un cartello offensivo nei confronti del presentatore Pippo Baudo.
SENTENZA - Nel ricorso, il legale di Paolini aveva chiesto l'annullamento della sentenza "per vizi logici e giuridici della motivazione", sostenendo che "la condotta contestata era consistita nella mera presenza fisica passiva dietro le telecamere, autoqualificandosi come inquinatore televisivo" e che mancava la volontà di arrecare molestia "verso determinate persone". Secondo il relatore, Giovanni Silvestri, invece, l'azione di Paolini ha disturbato il regolare svolgimento del lavoro del cronista ed è stata "impertinente, indiscreta, invadente, senz'altro riconducibile nella nozione di petulanza". "L' inquinatore televisivo", oltre al pagamento dei danni in sede civile alla Rai, dovrà versare mille euro alla cassa delle ammende e sostenere le spese processuali quantificate in oltre duemila euro.
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