TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA (in composizione monocratica)
SENTENZA N.3917 – R.G.N.R. N. 37556/02 – R.G.DIB. N. 1348/04
Il GIUDICE della Settima Sezione Penale Dott. FILIPPO STEIDL
MOTIVAZIONE
(…) Ritiene il giudice che sulla scorta degli elementi in atti può pervenirsi all’affermazione di responsabilità dell’imputato, e ciò per i motivi di seguito precisati.
Risulta dalla visione della videocassetta in atti e dalla deposizione del teste Rubens, direttore degli affari legali della Rai Radiotelevisione Italiana s.p.a., che in occasione di un collegamento in diretta di fronte a Palazzo Chigi nel corso del telegiornale del 29.3.2002 mandato in onda sul secondo canale, l’odierno imputato, nel corso dell’intero servizio, protrattosi per circa quindici secondi, si posizionò giusto alle spalle del giornalista, ad una distanza assai ravvicinata, mostrando un ampio cartello recante la scritta “Pippo Baudo presentatore del cazzo”, sorridendo a più riprese in direzione della telecamera e inviando all’esito un bacio ai telespettatori.
Tanto basta, ad avviso del tribunale, per ritenere sussistente la fattispecie in addebito. Ed invero, premesso che il servizio giornalistico si è svolto nella pubblica via, come si evince agevolmente dalle riprese e come dichiarato dall’imputato, appare evidente che attraverso il descritto comportamento il Paolini ha recato molestia al cronista e ciò ha fatto per petulanza o altro biasimevole motivo.
Sotto il primo aspetto, infatti, la condotta dell’imputato – che ha senz’altro leso l’interesse tutelato dalla norma data l’astratta possibilità di reazione dell’interessato e degli altri operatori della radiotelevisione presenti sul posto e quindi i possibili effetti negativi sull’ordine pubblico spiegati dal comportamento in addebito – appare oggettivamente idonea a disturbare la necessaria tranquillità cui ciascuno ha diritto nello svolgimento delle proprie attività, lavorative o meno, e nel caso in esame ha certamente raggiunto tale risultato, sol che si pensi ai fattori di forte distrazione e fastidio, tanto per il giornalista quanto per il personale tecnico, costituiti dalla presenza del giovane immediatamente a ridosso del cronista, dalle espressioni facciali e gestuali dello stesso e dall’esposizione del cartello con la sopra riportata scritta offensiva nei confronti del noto presentatore televisivo. Condotte, queste, all’evidenza idonee a recare fastidio, disturbo e irritazione a chi è impegnato, come il giornalista in occasione di un collegamento in diretta, in un’attività richiedente particolare concentrazione e che non può non avere avvertito l’esistenza dell’imputato attesa la sua estrema vicinanza e la possibilità del cronista nei servizi in diretta di vedere l’immagine trasmessa in video e quindi anche ciò che avviene alle proprie spalle.
Sotto il secondo aspetto, poi, la condotta tenuta nell’occasione del prevenuto rende chiara la sua consapevolezza e volontà di interferire nell’altrui sfera di libertà e di disturbare l’altrui tranquillità per un motivo riprovevole quale è il puro e semplice esibizionismo, la promozione della propria immagine ovvero l’utilizzazione del mezzo televisivo per altri interessi personali che nessuna connessione, neppure indiretta, hanno con la natura del servizio trasmesso. (…)
D’altre parte, nessuna rilevanza riveste il fatto che l’imputato consideri non biasimevole il fine del proprio agire o ritenga di esercitare un proprio diritto, risultando integrato il reato allorquando, a prescindere delle motivazioni alla sua base, il comportamento sia connotato dalle caratteristiche della petulanza – ovvero dell’agire pressante, indiscreto, impertinente ed invadente (integrato anche da una sola azione: sul punto, cfr. Cass. 19.5.2004, n. 23521) – o dall’insussistenza di plausibili ragioni ricollegabili strumentalmente all’esercizio del preteso diritto e l’agente agisca con coscienza e volontà nella consapevolezza della idoneità della condotta a molestare o disturbare il soggetto passivo (cfr. Cass. 3.2.2004, n. 4053; Cass. 2.3.2004, n. 9619).
Condizioni, queste, chiaramente esistenti nel caso di specie avuto riguardo alle modalità della condotta, denotanti, appunto, la piena consapevolezza dell’imputato circa la natura fastidiosa ed inopportuna dell’interferenza volontariamente realizzata nell’attività lavorativa altrui. (…)
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